martedì 22 aprile 2014

AGGIORNAMENTO: Ben. 1. 10

Lucio Anneo Seneca

De Beneficiis
Libro I Capitolo X

[1.10.1] Purtuttavia – giacché l’argomento risulta stimolante –, l’impeto ci trascina troppo lontano; e pertanto fermiamoci qui, in modo da non lasciare depositare i peccati soltanto sulla nostra epoca. Di questo si sono lamentati i nostri antenati, di questo noi stessi ci lamentiamo, di questo le persone che verranno dopo di noi si lamenteranno: dello stravolgimento dei buoni costumi, della dissolutezza imperante, del degrado della morale umana e dell’inesorabile decadimento verso ogni sorta di empietà. Questi vizi, comunque, rimangono fermi nello stesso luogo, e sempre vi rimarranno, muovendosi un po’ più in qua o un po’ più in là, proprio come le onde, che il ribollire del mare ora spinge lontano dalla riva, ora trattiene nei limiti interni dei lidi con il proprio flusso e il proprio riflusso. [1.10.2] Ora la tendenza a peccare sarà rivolta verso l’adulterio piuttosto che verso qualche altro vizio, facendo sì che si infrangano i limiti della pudicizia; ora andranno di moda la smania per la cucina e la follia dei banchetti, che portano alla rovina dei patrimoni; ora andranno di moda la cura eccessiva del corpo e la preoccupazione per la bellezza fisica, che sono effetto di una insita turpitudine dell’anima; ora una libertà male amministrata si muterà traumaticamente in impudenza e in insolenza; ora ci si indirizzerà verso la violenza privata e pubblica e verso la follia delle guerre civili, per effetto delle quali tutto ciò che è santo e sacro finisce per essere profanato; potrà anche capitare, un giorno, che l’ubriachezza diventi motivo di vanto e che il bere ingenti quantità di vino pretto venga ritenuto virtù. [1.10.3] I vizi non stanno sempre fermi nello stesso posto, ma si muovono in modo tumultuoso e cozzano l’uno con l’altro, respingendosi e mettendosi in fuga a vicenda. E del resto di noi stessi dovremo sempre ammettere pubblicamente che siamo malvagi, che siamo stati malvagi e – lo dirò a malincuore – che lo saremo sempre. [1.10.4] Ci saranno sempre gli omicidi, i tiranni, i ladri, gli adulteri, i predatori, i sacrileghi, i traditori. Al di sotto di tutti questi vizi c’è quello dell’ingratitudine, se non altro per il fatto che a causare tutti questi vizi c’è proprio l’ingratitudine stessa, senza la quale difficilmente qualsiasi altro grande delitto ha mai potuto assumere proporzioni considerevoli. E dunque tu bada a non commettere mai questo peccato, considerandolo come il più grave di tutti. Purtuttavia, perdonalo come se fosse il più lieve una volta che è stato commesso. Questo è infatti il bilancio dell’offesa che ricevi: hai perduto un beneficio. Rimane tuttavia salva la sua parte migliore: lo hai dato. [1.10.5] D’altra parte, così come dobbiamo avere cura di conferire i nostri benefici soprattutto a coloro che risponderanno con la loro gratitudine, allo stesso modo alcuni favori li faremo anche se le nostre speranze di ottenere riconoscenza saranno scarse. Inoltre, daremo i nostri doni non solo a quelle persone che giudicheremo ingrate, ma anche a quelle che sappiamo che lo sono già state in passato. Per fare un esempio, se senza correre alcun pericolo avrò la possibilità di restituire a qualcuno i suoi figli dopo averli liberati, non esiterò a farlo. Difenderò una persona degna anche a costo del mio sangue ed esponendomi al pericolo; nel caso di una persona indegna, invece, se potrò sottrarla ai predoni levando un semplice grido, non mi vergognerò di emettere una voce che possa salvarla.

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