Lucio Anneo Seneca
De Beneficiis
Libro I Capitolo I 
[1.1.1] Tra molti e vari errori di coloro che vivono in maniera 
sconsiderata e con leggerezza, carissimo Liberale, direi che quasi nulla
 è più indegno del fatto che non sappiamo dare e ricevere benefici. Ne 
consegue pertanto che si è cattivi debitori di ciò che viene donato 
male; ci lamentiamo troppo tardi dei benefici non restituiti: infatti, 
nello stesso momento in cui li abbiamo donati erano già perduti. E non 
c’è da stupirsi che tra i molti e più grandi vizi nessuno sia più 
diffuso dell’ingratitudine. [1.1.2] Mi rendo conto che tutto questo 
avviene per diversi motivi: primo fra questi è che noi non sappiamo 
scegliere le persone degne alle quali concedere i nostri benefici. 
Quando invece stiamo per fare un prestito, indaghiamo scrupolosamente 
sul patrimonio e sulla vita del debitore, e poi non spargiamo i semi in 
un terreno stremato e sterile. Al contrario, i benefici, più che 
donarli, li gettiamo via senza alcun discernimento. [1.1.3] Non è 
semplice dire cosa sia più ignobile fra il negare un beneficio o 
richiederlo in cambio; esso infatti è quel genere di credito dal quale 
bisogna recuperare tanto quanto viene restituito spontaneamente. Il 
dichiarare bancarotta, poi, è veramente una cosa vergognosissima proprio
 per questo motivo, perché per estinguere il nostro debito non sono 
necessarie le ricchezze, bensì l’animo; infatti a rendere il dono è chi 
si sente in debito. Ma, considerando che sono colpevoli anche quelle 
persone che non dimostrano di essere grate nemmeno ammettendolo a 
parole, in fondo siamo colpevoli pure noi. [1.1.4] Abbiamo a che fare 
con molti ingrati, molti di più sono quelli che rendiamo ingrati noi 
stessi, poiché delle volte siamo pesanti nel rinfacciare e nel 
riscuotere, altre volte siamo incostanti e poco dopo ci pentiamo del 
nostro favore, altre volte brontoliamo e ci lamentiamo delle più piccole
 inezie. Distruggiamo ogni senso di gratitudine, non tanto dopo aver 
concesso il beneficio, ma proprio mentre lo concediamo. [1.1.5] A chi di
 noi è bastato essere pregato con tatto o anche solo una volta? Chi, 
sospettando che gli si stesse per chiedere qualcosa, non ha aggrottato 
la fronte, deviato lo sguardo, finto un impegno, tolto 
all’interlocutore, attraverso lunghi discorsi fatti apposta per non 
avere fine, l’occasione di chiedere ed evitato con varie tattiche i 
bisogni impellenti? [1.1.6] Chi poi, messo alle strette, o ha differito,
 ovvero ha negato timidamente, o ha promesso, ma con difficoltà, alzando
 le sopracciglia o con parole malevole e pronunciate a stento? [1.1.7] 
Nessuno, d’altra parte, si sente volentieri in debito di ciò che non ha 
ricevuto ma ha strappato dalle mani. Una persona può essere grata nei 
confronti di colui che ha gettato via il beneficio con un atto di 
superbia o l'ha schiaffato in faccia o l'ha dato, dopo essersi stancato,
 per liberarsi dal fastidio? Sbaglia colui che spera che gli renderà il 
contraccambio la persona che ha stancato con il differimento e ha 
torturato con l'attesa. [1.1.8] Ci si sente debitori di un beneficio con
 lo stesso animo con cui viene dato, e per questa ragione non bisogna 
elargire benefici in modo superficiale; infatti ciascuno deve a se 
stesso ciò che ha ricevuto da chi non sa donare. Certamente non bisogna 
attardarsi a dare; infatti, dato che in ogni tipo di servizio offerto è 
molto apprezzata la volontà di colui che dà, chi ha agito tardi, a lungo
 non ha voluto agire. In ogni caso non bisogna dare in maniera 
offensiva; infatti dal momento che la natura ha preparato le cose in 
modo tale che le offese penetrano in noi più in profondità dei meriti e 
che, mentre questi ultimi defluiscono velocemente, quelle vengono 
custodite da una memoria tenace, che cosa si aspetta chi, mentre 
benefica, offende? Si è abbastanza grati nei suoi riguardi se si perdona
 il suo beneficio. [1.1.9] Al contrario, a renderci più lenti nel fare 
del bene, non deve essere la gran quantità di ingrati. Come ho già 
detto, infatti, siamo innanzitutto noi stessi ad incrementarne il 
numero; e poi nemmeno gli dei immortali sono dissuasi dalla loro 
generosità tanto traboccante e incessante a causa dell’esistenza di 
uomini sacrileghi o negligenti nei loro confronti. Si avvalgono della 
loro natura divina e giovano a tutti gli esseri e, fra questi, anche a 
quelli che mal riconoscono i loro favori. Seguiamo questi, quindi, come 
guida, almeno per quel tanto che è permesso alla debolezza umana: diamo i
 benefici, non pratichiamone l’usura. Si merita di essere ingannato 
colui che, nell’atto stesso di dare, pensava gia al contraccambio. Ma 
ammettiamo pure che le cose vadano male. [1.1.10] Sia i figli che le 
mogli hanno deluso le nostre aspettative, tuttavia continuiamo ad 
educare la prole e a contrarre matrimoni, e siamo ostinati 
nell’affrontare le nostre esperienze a tal punto che continuiamo a 
combattere pur essendo stati vinti e a navigare pur avendo fatto 
esperienza dei naufragi. Quanto più sarebbe conveniente perseverare 
nell’elargire benefici! Se qualcuno poi non li dà perché non ha ricevuto
 il contraccambio, allora a suo tempo ha dato con il fine di ricevere, e
 rende difendibile la causa degli ingrati, per i quali è motivo di 
vergogna non ricambiare un beneficio, quando invece avrebbero 
possibilità di farlo. [1.1.11] Quanti sono indegni della luce stessa! 
Eppure il sole continua a sorgere. Quanti si interrogano sul perché 
siano nati! Eppure la natura continua a generare una nuova discendenza e
 a lasciar vivere coloro i quali avrebbero preferito non essere nati. 
[1.1.12] Questa è una particolarità dell’animo grande e buono: non 
perseguire il frutto dei benefici, bensì i benefici stessi, e cercare il
 bene anche dopo avere fatto esperienza di persone immorali. Cosa ci 
sarebbe di nobile nell’aiutare tante persone se nessuna di esse ci 
deludesse? Dunque è virtù concedere benefici senza la certezza che 
vengano contraccambiati in futuro e di cui l’uomo di valore raccoglie 
immediatamente il frutto. [1.1.13] Pertanto ciò non ci deve mettere in 
fuga e renderci più pigri nei confronti di una cosa bellissima, al punto
 che, se mi viene recisa la speranza di trovare un uomo grato, 
preferirei non ricevere benefici che non darli poiché chi non dà precede
 il vizio dell'ingrato. Ti dirò quello che penso: chi non restituisce il
 beneficio pecca di più, chi non lo dà pecca prima. 
 
 
Nessun commento:
Posta un commento