Lucio Anneo Seneca
De Beneficiis
Libro I Capitolo IV
[1.4.1]
Ma affinché non faccia io stesso quel che biasimo, metterò da parte
tutte queste storie, che sono così lontane dall'oggetto in questione, al
punto da non riuscire neanche a girargli attorno. Tu comunque difendimi
se qualcuno mi rimprovererà per aver messo al suo posto Crisippo, un
grand’uomo, per Ercole!, ma tuttavia greco, il cui acume eccessivamente
sottile si smussa e si ripiega più volte su se stesso, e che, anche
quando sembra conseguire un qualche risultato, punzecchia senza però
traforare. E in verità di che tipo di acutezza stiamo parlando? [1.4.2]
Noi dobbiamo piuttosto parlare dei benefici, e dare alla materia un
ordine che conferisca totale coesione alla società umana; si deve dare
una legge alla vita, affinché non ci sembri giusta una generosità
irriflessa camuffata da benevolenza, e affinché queste nostre cautele
non restringano la liberalità (che non deve né mancare né abbondare)
nel momento stesso in cui la regolano. [1.4.3] Dobbiamo
insegnare alle persone a dare con piacere, a ricevere con piacere e a
ricambiare con piacere, e bisogna proporre loro una grande gara: quelli
che si sentono in obbligo non solo devono eguagliare con le cose
materiali, e con la disposizione d’animo, coloro che hanno creato
l’obbligo, ma devono superarli, poiché chi deve ricambiare un beneficio
non riesce mai a farlo se non ha superato il suo benefattore; si deve
insegnare ai benefattori a non mettere in conto nulla e ai beneficati a
non sentirsi in debito più del dovuto. [1.4.4]
A questa gara onestissima, che consiste nel superare i benefici con
altri benefici, Crisippo ci esorta dicendo che non bisogna mostrarsi
poco grati e che bisogna guardarsi dal commettere sacrilegio e offendere
delle così belle figliole, perché le Grazie sono figlie di Giove! [1.4.5]
Tu piuttosto impartiscimi qualche precetto che mi permetta di diventare
più benevolo e di dimostare di più la mia gratitudine nei confronti di
quelle persone che mi hanno fatto del bene; insegnami come gli animi del
benefattore e del beneficato possano gareggiare in modo tale che chi ha
dato se ne dimentichi e chi si sente in debito ricordi per sempre.
Lasciamo queste stupidaggini ai poeti, che hanno il proposito di
deliziare le orecchie e di comporre dolci favolette. [1.4.6]
“Ma" - tu mi dirai - "questi qui vogliono risanare la nostra indole,
mantenere salda la fiducia nei rapporti umani e instillare negli animi
il ricordo dei doveri”. Allora parlino seriamente e si adoperino con
tutte le loro forze; a meno che tu non ritenga che con vacui discorsi
mitolgici ed argomenti da bacucche si possa impedire una cosa
assolutamente rovinosa: nuovi registri dei debiti per i benefici.
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